Riccardo Cuor di Leone ed il biondo menestrello

Nel 1157 in Inghilterra nasce Riccardo I, figlio di Eleonora d’Aquitania e Enrico II oltre che nipote di Guglielmo IX, padre di tutti i trovatori.

Fin da fanciullo viaggia per compiere campagne militari e grandi imprese cavalleresche, la sua carnagione era pallida, gli occhi lucenti, i capelli rossi e biondi. Altissimo, robusto ed incredibilmente affascinante; questa è la descrizione di Riccardo nell’Itinerarium Peregrinorum et Gesta Regis Ricardi. 
Insieme alla madre, Eleonora d’Aquitania, i suoi fratelli ed il re di Francia Luigi VII, Riccardo si ribella al dominio del padre Enrico II, sperando così di poter ottenere maggior indipendenza sulle proprie terre, ma Enrico II era un vecchio leone e dopo anni di rivolte placò la ribellione, confinò Eleonora d’Aquitania nella torre di Londra e liquidò Riccardo con metà del patrimonio promessogli prima della rivolta. 
Dopo questo fallimento, Riccardo si dedicò a riportare l’ordine nelle sue terre costantemente in subbuglio a causa dei baroni insoddisfatti.
Violenti e lunghi furono gli assedi alle città in Guascogna ed Aquitania, ma Riccardo, giovane e risoluto, grazie alle passate esperienze militari riportò la vittoria anche negli assedi più duri come quello di Castillon Sur Agen, durato due mesi interi. Per la sua ferocia in battaglia guadagnò l’appellativo di “Cuor di Leone“, ed è con questo nome che ancora oggi noi lo ricordiamo. 
Riccardo Cuor di Leone fu comandante durante la celebre e violenta Terza Crociata in terrasanta, conquistò l’isola di Cipro offrendo ai pellegrini ed ai crociati un fondamentale punto d’appoggio nel Mediterraneo tra l’occidente e Gerusalemme e proprio a Cipro, il 12 maggio 1191, Riccardo sposò la sua amata Berengaria di Navarra ed entrambi furono incoronati re e regina di Cipro e di tutta l’Inghilterra.
Dopo mesi di sanguinose battaglie che videro Riccardo vincente in molti epici scontri, prima di ritornare in Francia, assicurò le conquiste ottenute con una tregua stipulata con il feroce e temuto Saladino. Il patto prevedeva che per tre anni, tre mesi, tre giorni e tre ore il controllo delle coste rimanesse ai cristiani, che avevano inoltre anche il permesso di visitare in tutta sicurezza Gerusalemme, che però sarebbe rimasta sotto il dominio mussulmano. 
Riccardo Cuor di Leone disarciona Saladino

Fatto ciò Riccardo e i suoi ripartirono per mare sulla rotta di casa, ma durante il viaggio il maltempo li costrinse a riparare ad Aquileia. La loro nave era distrutta e Riccardo fu costretto a proseguire il suo viaggio attraverso l’Europa centrale, con il pericolo di scontrarsi con i suoi numerosi nemici che popolavano quelle terre. Si travestì da pellegrino e riuscì a raggiungere Vienna, dove giunse nel 1192. Nonostante il suo travestimento venne riconosciuto da uno dei suoi acerrimi nemici, Leopoldo V duca dAustria che lo imprigionò nel castello Dürnstein.
Nel frattempo in Inghilterra il fratello di Riccardo, Giovanni senza Terra, aveva cercato di insediarsi come re diffondendo la falsa notizia della morte di Riccardo. Le celebri ballate inglesi di Robin Hood, cavaliere decaduto perchè fedele a Riccardo, risalgono a questi anni della storia inglese.
Dopo una vita di avventure e di imprese, la prigionia per Riccardo era qualcosa di folle, ma la musica e la poesia gli vennero in soccorso e fu proprio in quel periodo di reclusione che compose canzoni in francese ed occitano tra le quali “Je us voill deresnier” e “Ja nus hons pris”. Nei suoi versi si possono trovare tutte le sensazioni d’abbandono e di tristezza provati dal Cuor di Leone durante la prigionia.
C’era un menestrello dai capelli dorati molto famoso in quegli anni e fedele a re Riccardo, che girava di corte in corte cantando le sue splendide melodie, così belle che per tanti anni vennero utilizzate anche da altri trovatori. Il suo nome era Blondel de Nesle.
Una leggenda medievale ci racconta che trovatosi a cantare nei dintorni di Vienna, Blondel udì una canzone che ben conosceva provenire dal castello di Dürnstein e riconoscendo la voce del suo re, comunicò la sua posizione ai baroni inglesi. 
Statua di Riccardo Cuor di Leone e Blondel de Nesle
 all'esterno delle mura del castello di Dürnstein
La detenzione di un crociato inoltre era un’azione illegale e papa Celestino III scomunicò Leopoldo V che rilasciò Riccardo dopo il pagamento di una cauzione.
Troppi anni sono passati per sapere con certezza la verità su questa leggenda, fatto sta che essa esiste ed è documentato che re Riccardo Cuor di Leone donò un feudo ad un vassallo chiamato proprio Blondel.
Nel 1194 Riccardo tornò finalmente in Inghilterra dove placò i numerosi disordini causati dai baroni ribelli e dal fratello Giovanni senza terra, che fuggì in Francia.
La sera del 25 Marzo 1199 mentre le truppe di Riccardo cingevano d’assedio uno dei castelli di un barone ribelle, il re girava senza cotta di maglia vicino alle mura per controllare il lavoro dei suoi zappatori intorno al castello. Riccardo fu molto divertito nel vedere uno degli assediati, ormai giunti al limite della loro resistenza, in piedi sulle mura con una balestra in mano ed una padella come scudo, quando proprio da quella balestra partì un dardo che colpì Riccardo alla spalla. La ferita non venne considerata grave dal re, ma nei giorni successivi la spalla andò in cancrena e Riccardo, dopo aver capito che ormai sarebbe morto, fece convocare nella sua tenda il balestriere della città, che nel frattempo si era arresa, e lì lo perdonò rilasciandolo con 100 scellini. Lasciò il comando del suo territorio al fratello Giovanni ed infine morì. 

Ho riportato quattro opere del trovatore Blondel de Nesle tra le quali la celebre “L’amours dont sui espris”, melodia così popolare ai suoi tempi da essere persino utilizzata come base per “Procurans odium”, uno dei canti contenuti nel Codex Buranus. In chiusura ho inserito una versione della stupenda “Ja nus hons pris” eseguita dall'ensemble italiano Modo Antico. Questo è uno dei brani composti da re Riccardo Cuor di Leone proprio durante la sua prigionia nel castello di Dürnstein.



Il volto di Riccardo nell'Abbazia di Fontevrault

“Ora so bene, con certezza,
Che un prigioniero non ha più parenti nè amici,
Poiché mi si tradisce per oro o per argento.
Soffro molto per me, ma più per la mia gente,
Poiché, dopo, la mia morte sarà biasimata
Se a lungo resterò prigioniero.



Riccardo Cuor di Leone e Blondel de Nesle





Blondel de Nesle:

L'amours dont sui espris
Onques maiz nus hom ne chanta
A L'Entrant D'Este
Cuers Desirous Apaie
Riccardo Cuor di Leone:
Ja nuns hons pris


Ecco il testo tradotto ed originale di "Ja nus hons pris ne dira sa raison", la canzone che Riccardo scrisse in uno dei momenti più bui della sua tormentata ed avventurosa esistenza.

I
Ja nus hons pris ne dira sa raison
Adroitement, se dolantement non;
Mais par effort puet il faire chançon.
Mout ai amis, mais povre sont li don;
Honte i avront se por ma reançon
— Sui ça deus yvers pris.

II
Ce sevent bien mi home et mi baron–
Ynglois, Normant, Poitevin et Gascon–
Que je n'ai nul si povre compaignon
Que je lessaisse por avoir en prison;
Je nou di mie por nule retraçon,
—Mais encor sui [je] pris.

III
Or sai je bien de voir certeinnement
Que morz ne pris n'a ami ne parent,
Quant on me faut por or ne por argent.
Mout m'est de moi, mes plus m'est de ma gent,
Qu'aprés ma mort avront reprochement
—Se longuement sui pris.

IV
N'est pas mervoille se j'ai le cuer dolant,
Quant mes sires met ma terre en torment.
S'il li membrast de nostre soirement
Quo nos feïsmes andui communement,
Je sai de voir que ja trop longuement
—Ne seroie ça pris.

V
Ce sevent bien Angevin et Torain–
Cil bacheler qui or sont riche et sain–
Qu'encombrez sui loing d'aus en autre main.
Forment m'amoient, mais or ne m'ainment grain.
De beles armes sont ore vuit li plain,
—Por ce que je sui pris

VI
Mes compaignons que j'amoie et que j'ain–
Ces de Cahen et ces de Percherain–
Di lor, chançon, qu'il ne sunt pas certain,
C'onques vers aus ne oi faus cuer ne vain;
S'il me guerroient, il feront que vilain
—Tant con je serai pris.

VII
Contesse suer, vostre pris soverain
Vos saut et gart cil a cui je m'en clain
—Et por cui je sui pris.

VIII
Je ne di mie a cele de Chartain,
—La mere Loës.


ITALIANO

MAI NESSUN PRIGIONIERO

Mai nessun prigioniero potrà esprimere
Bene quel che sente, senza lamentarsi:
Ma sforzandosi puo' comporre una canzone.
Ho molti amici, ma poveri sono i loro doni.
Saranno biasimati, se per non darmi riscatto,
Son già due inverni che sono qui prigioniero.

Ma i miei uomini e i miei baroni,
Inglesi, Normanni, Pittavini e Guasconi,
Sanno bene che non lascerei marcire in prigione
Per denaro neanche l'ultimo dei miei compagni.
E non lo dico certo per rimproverarvi,
Ma perché sono ancora qui prigioniero.

Ora so bene, con certezza,
Che un prigioniero non ha più parenti nè amici,
Poiché mi si tradisce per oro o per argento.
Soffro molto per me, ma più per la mia gente,
Poiché, dopo, la mia morte sarà biasimata
Se a lungo resterò prigioniero.

Non c'è da meravigliarsi se ho il cuore dolente,
Dato che il mio Signore tormenta la mia terra.
Se si ricordasse del nostro giuramento
Che entrambi facemmo di comune accordo,
So con certezza che mai, adesso,
Da così tanto sarei prigioniero.

Lo sanno bene gli Angioini e i Turennesi,
Quei baccellieri che son sani e ricchi ora,
Che io sono lontano da loro, in mano ad altri.
Mi aiuterebbero molto, ma non ci sentono.
Di belle armi e di scudi sono privi,
Perché io sono qui prigioniero.

Sorella Contessa, che conservi e protegga
Il vostro alto pregio Colui cui mi appello
E per cui sono prigioniero.
E non lo dico certo a quella di Chartres,
La madre di Luigi.


OCCITANO

[JA NULS OM PRES]

Ja nuls om pres non dira sa razon
Adrechament si com om dolens non
Mas per conort deu om faire canson
Pro n'ai d'amis mas paure son li don
Anta lur es si per ma rezenson
So çai dos ivers pres

Or sapchon ben miei om et miei baron
Angles norman peitavin et gascon
Qu'ieu non ai ja si paure companhon
Qu'ieu laissasse per aver en preison
Non o dic mia per nula retraison
Mas anquar soi ieu pres

Car sai ieu ben per ver certanament
Qu'om mort ni pres n'a amic ni parent
E si'm laissan per aur ni per argent
Mal m'es per mi mas pieg m'es per ma gent
Qu'apres ma mort n'auran reprochament
Si çai me laisson pres

No'm meravilh s'ieu ai lo cor dolent
Que mos senher met ma terra en turment
No li membra del nostre sagrament
Que nos feimes els sans cominalment
Ben sai de ver que gaire longament
Non serai en çai pres

Suer comtessa vostre pretz sobeiran
Sal Dieus e gart la bela qu'ieu am tan

Ni per cui soi ja pres