Francesco Landini

Francesco Landini, musica splendente dal nero oblio


L’11 giugno del 1289 il Sole incandescente splendeva sulle armature dei cavalieri fiorentini ed aretini che si accingevano a darsi battaglia nelle terre vicine a Campaldino. Guelfi e Ghibellini si apprestavano ad un cruento scontro che avrebbe cambiato la storia della Toscana e dell’Italia tutta.
Tra i cavalieri schierati c’erano Cecco Angiolieri, poeta “maledetto” e anticonformista oltre che un giovane Dante Alighieri, che secondo la stupenda cronaca redatta da Dino Compagni, mercante e brillante politico fiorentino, ostentava continuamente con gli altri commilitoni un passato di famiglia pieno di arditi cavalieri.
Inoltre, sempre dalla parte fiorentina, c’era un cavaliere di nome Cristofaro Landino di Nato, che si distinse per la sua bravura in battaglia e per la forza delle sue cariche.

Landino di Nato ebbe dieci figli tra i quali Jacopo del Casentino, che intraprese la carriera artistica studiando pittura ed affermandosi come pittore e miniaturista della scuola di Giotto.
Dal matrimonio di Jacopo nacquero molti figli tra i quali Nuccio, Matteo e Francesco che intrapresero il percorso del padre inserendosi nei circoli artistici fiorentini del tempo.
Tutta famiglia si spostò da Firenze per sfuggire alla peste che in quegli anni tormentava la capitale toscana, trovando riparo a Pratovecchio vicino alla parrocchia di S. Felicita, monastero femminile famoso per la bellezza delle attività musicali svolte dalle monache benedettine.

Francesco sarebbe dovuto diventare pittore come il padre Jacopo, però il vaiolo gli tolse la vista in tenera età.
Secondo la fonte: “Le vite de uomini illustri fiorentini” redatta da Filippo Villani

“Francesco al tempo della sua fanciullezza da subito morbo di vaiolo fu accecato, ma la fama della musica di grandissimo lume l’ha ristorato. Naque in Firenze, di Iacopo dipintore uomo di semplicissima vita: passati gli anni dell’infanzia, privato nel vedere, cominciando a intendere la miseria della cecità, per poter con qualche sollazzo alleggerire l’orrore della perpetua notte, cominciò fanciullescamente a cantare.”

Il talento naturale di Francesco nell’esercizio del canto convinse il padre Jacopo che, grazie ai suoi importanti contatti artistici, riuscì ad inserirlo in una scuola di pueri cantores (voci bianche).
Il tempo passava ed il talento di Francesco cresceva; questo ragazzino cieco riusciva ad illuminare le anime di chi ascoltava la sua voce e dopo qualche anno di studio si affermò come compositore e magister. Oltre alla musica, Francesco si dedicò alle lettere ed alla filosofia. Molti dei testi delle sue composizioni furono scritte proprio da lui, cosa era abbastanza inusuale per quei tempi dato che spesso le liriche delle composizioni non erano scritte dai musicisti che preferivano musicare scritti di PetrarcaDante o Boccaccio; tre personalità verso le quali giustamente chiunque si sentirebbe in soggezione.
Francesco si interessò anche ai sogni, probabilmente da lui vissuti come una fuga dalla perpetua notte di cui parla Filippo Villani e su questo argomento scrisse un piccolo poema in latino, paragonando il sogno ad un viaggio ultraterreno del corpo. 

Ma torniamo alla musica: il canto non era l’unica arte musicale che Francesco padroneggiava, nonostante la sua cecità egli suonava il liuto, la viella ma soprattutto l’organo portativo, del quale divenne talmente virtuoso che secondo le fonti dell’epoca mise in ombra tutti i suoi contemporanei.
Conosceva ogni tipo di produzione musicale di quei tempi e si dedicò anche alla creazione di nuovi strumenti musicali che progettò e fece realizzare dagli artigiani fiorentini. 
Un esempio è il “Syrena” descritto come un ibrido tra un liuto ed un “mezzo cannone”!
La produzione musicale di Francesco Landini è enorme, seconda per numero solo a Guillaume de Machaut, trovatore francese. Francesco fu il più alto esponente della musica italiana del Trecento chiamata anche Ars nova. Godette di grande fama anche da vivo, cosa assai rara per i musicisti di genio, ieri come oggi. 
La sua produzione musicale a noi pervenuta è esclusivamente profana, tuttavia esiste una nota di spese del convento di Ss. Annunziata dove, accanto agli importi versati per la costruzione di un nuovo organo, ci sono dei pagamenti destinati a Landini per l’accordatura dello strumento e la commissione di cinque mottetti. Questa è una testimonianza importante perchè conferma la sua paternità su alcune composizioni di musica sacra che purtroppo non sono sopravvissute al tempo.

Il cognome Landini, derivato da suo nonno, non appare mai nei manoscritti che trattano la musica di Francesco, spesso chiamato Francesco Cieco, Francesco delli Organi magister Franciscus cecushorghanista de Florentia
Come questo importantissimo compositore della musica italiana potesse descrivere attraverso la musica e la poesia immagini che non poteva vedere rimane un mistero. La sua musica nasceva nel buio eterno ma era però portatrice di una luce immensa che lo fece incoronare d’alloro a Venezia, durante una celebrazione del doge alla quale partecipò anche il poeta Petrarca.
Francesco Landini mentre suona il suo organo portativo, raffigurato nel Codice Squarcialupi, foglio 246

Dal 1200 i grandi trovatori francesi iniziarono a frequentare le corti italiane; l’arte stava spostando il suo cuore dalla Francia all’Italia, gettando le fondamenta di quello che sarebbe poi divenuto il fin troppo celebrato “rinascimento’’.
Nelle composizioni di Francesco Landini si possono trovare numerosi senhals, una tecnica poetica nata dai trovatori occitani e francesi, estremamente diffusa anche nelle composizioni italiane, dove all’interno dei versi poetici viene occultato il nome del o della committente/mecenate a cui l’opera era dedicata. 
Qualche esempio: il nome Francesca, che gioca tra il nome di donna e lo stile alla francese” nella celebre ballata “Amor mi fa cantar alla francescha”, piuttosto che il nome Cristina in “Non formò Christi nato” o Giovanna nel caso di “Che ti giova nasconder” ; nelle composizioni di Landini i senhals sono numerosi, in “O fanciulla giulia”si gioca tra il nome di donna ed il termine giulivo, da intendere come gioioso.
Nell’opera musicale “Fior di Dolceça” dell'ensemble Micrologus si ritrovano musicate parte delle composizioni di Francesco Landini.
Echo la primavera”, il primo brano del video, si trova invece nell’opera “In festa”, sempre dell’ensemble Micrologus e mi sono permesso di inserirlo all’inizio del video in quanto è una delle ballate di Francesco Landini dove attraverso la musica e la poesia, il musico e poeta riesce a descrivere sensazioni ed immagini che a noi privilegiati del dono della vista spesso sfuggono, ma che lui con il suo genio riesce a descrivere come se potesse vederle, in sogno.

Francesco Landini, musica splendente







Tutti i diritti riservati ai musicisti dell'Ensemble Micrologus, il video ha il solo scopo di diffondere la bellezza della musica del medioevo. 

Per acquistare le opere: Micrologus - Baryton 
Per consultare la fonte originale di Filippo Villani: Vita de illustri uomini fiorentini 
Echo la primavera (brano tratto dall'opera "In festa" dell'Ensemble Micrologus)
Musica son 
Che pena è quest'al cor
Chosi pensoso 
Cara mie donna
Vaga fanciulla
L'alma mia piange
Per allegrezza
O fanciulla giulia
Che pena è quest'al cor
Questa fanciull'amor
Non creder, donna
Orsù, gentili spiriti
Non avrà ma' pietà
Adiu, adiu, dous Dame (musica tratta dall'opera "Landini, fior di Dolceça" dell'Ensemble Micrologus)



•••